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Criptovalute e Trading Online

Introduzione

La diffusione delle criptovalute è aumentata nell’arco di pochi anni. I media dedicano quotidianamente un’attenzione crescente al tema e sempre più persone, anche più o meno preparate finanziariamente e alla ricerca di soluzioni d’investimento alternative, sono interessate a comprendere i meccanismi di funzionamento, le opportunità ma anche gli altrettanti rischi di assoluto rilievo che caratterizzano allo stato attuale tali strumenti. Si è allargata anche la platea di investitori istituzionali che chiede prodotti legati alle criptovalute scambiabili sui mercati regolamentati, che abbiano una compensazione centrale (riducendo il rischio di controparte) e che siano sicuri e liquidi. La crisi del Covid-19 ha contribuito a evidenziare sia alcune peculiari funzioni di questi asset sia la loro attrattività, infatti, offrono una grande diversificazione rispetto alle tradizionali azioni e obbligazioni nonché secondo alcuni operatori di mercato potrebbero svolgere una funzione di copertura contro l’inflazione in concorrenza con l’oro.

Cosa sono le criptovalute

L’innovazione tecnologica, i progressi della crittografia – ovvero dell’applicazione di metodi che servono per rendere un messaggio comprensibile/intelligibile solo a persone autorizzate – e le evoluzioni della rete internet stanno  determinando un cambiamento radicale nell’economia globale. Lo scoppio della pandemia di coronavirus che ha richiesto il distanziamento sociale ha dato ulteriore impulso alla transizione digitale ed importanti passi avanti verranno compiuti nei prossimi anni.

La digitalizzazione ha ormai coinvolto a pieno titolo anche le attività finanziarie. Tra le più significative applicazioni della tecnologia digitale al settore finance & banking spicca la nascita e la diffusione delle monete elettroniche e delle “cryptocurrency” (o “valute virtuali”), la più nota delle quali è il Bitcoin.

Quanto alle prime, esse rappresentano un valore monetario, utilizzabile per effettuare operazioni di pagamento, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, memorizzato elettronicamente ed espresso in un’unità di conto avente corso legale (ad es. EUR e USD). La moneta elettronica al contrario della criptovaluta gode di efficacia solutoria in caso di preventiva accettazione da parte del creditore e nelle circostanze in cui la legge disponga l’impossibilità di rifiutare i pagamenti eseguiti con tale strumento di pagamento.

Passando alle seconde, il nome “criptovaluta” si compone di due parole: cripto e valuta. Si tratta quindi di valuta “nascosta”, nel senso che è visibile/utilizzabile solo conoscendo un determinato codice informatico (la c.d. “chiave di accesso” pubblica e privata, in linguaggio ancora più tecnico). Essa non esiste in forma fisica (anche per questo viene definita “virtuale”), ma si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Alcuni concetti tradizionalmente utilizzati per le monete a corso legale, come ad esempio quello di “portafoglio”, sono stati adattati anche al contesto delle monete virtuali, dove si parla di “portafoglio digitale/elettronico” (o wallet). La criptovaluta, ove ci sia consenso tra i partecipanti alla relativa transazione, può essere scambiata in modalità peer-to-peer (ovvero tra due dispositivi direttamente, senza necessità di intermediari) per acquistare beni e servizi (come fosse moneta a corso legale a tutti gli effetti) oppure convertita in moneta a corso legale.

Le criptovalute hanno caratteristiche peculiari che le costituiscono e contraddistinguono:

  • un insieme di regole (detto “protocollo”), cioè un codice informatico che specifica il modo in cui i partecipanti possono effettuare le transazioni;
  • una sorta di “libro mastro” (distributed ledger o blockchain) che conserva immodificabilmente la storia delle transazioni;
  • una rete decentralizzata di partecipanti che aggiornano, conservano e consultano la distributed ledger delle transazioni, secondo le regole del protocollo.

Chiunque può creare una valuta digitale; quindi in qualsiasi momento ci possono essere centinaia o persino migliaia di criptovalute in circolazione. Per creare/distribuire criptovalute si può ricorrere ad una cosiddetta “Initial Coin Offering” (ICO). Le prime ICO furono proprio lanciate per raccogliere fondi per nuove criptovalute, mentre, in seguito la finalità principale è diventata quella di finanziare direttamente delle idee imprenditoriali. Una volta emesse, le currency virtuali possono essere acquistate o vendute su una piattaforma di scambio (c.d. exchange platform) utilizzando denaro a corso legale (per esempio, EUR, USD, ecc.). I luoghi virtuali su cui si acquistano e vendono valute digitali non sono attualmente regolamentati, quindi non è prevista una tutela legale specifica in caso di contenzioso o fallimento.

La tecnologia della blockchain

 Un distributed ledger o blockchain (quest’ultimo nome è in genere accomunato all’utilizzo del Bitcoin e in italiano si traduce letteralmente in “catena di blocchi”) è un registro aperto e distribuito che può memorizzare le transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. I partecipanti al sistema vengono definiti “nodi” e sono connessi tra di loro in modo decentrato. Nella sostanza è una lista in continua crescita di record, chiamati block, che sono collegati tra loro e resi sicuri mediante l’uso della crittografia. I dati in un blocco sono per loro natura immutabili (non possono essere retroattivamente alterati senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi ad esso; per fare ciò, dati la natura del protocollo e lo schema di validazione, servirebbe il consenso della maggioranza della rete). La

 

 

natura distribuita e il modello cooperativo rendono particolarmente sicuro e stabile il processo di validazione, pur dovendo ricorrere a tempi e costi non trascurabili, in gran parte riferibili al prezzo dell’energia elettrica necessaria per effettuare la validazione dei blocchi (questo nel caso della blockchain del Bitcoin) e alla capacità computazionale necessaria per risolvere complessi calcoli algoritmici (attività che viene comunemente definita come “mining”). L’autenticazione avviene tramite la collaborazione di massa ed è alimentata da interessi della comunità. La blockchain è un registro pubblico delle transazioni Bitcoin in ordine cronologico, permanente e consente di prevenire il fenomeno del cosiddetto “double spending” (evitare che si possano spendere i Bitcoin più di una volta nello stesso momento). Come già osservato, la blockchain è un insieme di blocchi fra loro concatenati: ogni blocco è identificato da un codice, contiene le informazioni di una serie di transazioni e registra il codice del blocco precedente, così che sia possibile ripercorrere la catena all’indietro, fino al blocco originale (una sorta di DNA delle transazioni Bitcoin). Tutti i nodi della rete memorizzano tutti i blocchi e tutta la blockchain.

Le initial coin offering (ICO)

Con tale termine si identifica un meccanismo finalizzato alla raccolta di fondi necessari a finanziare un progetto imprenditoriale, in maniera simile alle “Initial Public Offering” (IPO) e all’equity crowdfunding. A differenza di questi ultimi, l’ICO implica l’emissione di cosiddetti coin o token digitali in luogo di strumenti finanziari tradizionali (ad esempio le azioni). I token vengono offerti agli investitori che li acquistano contro cash (USD, EUR…) oppure, più spesso, criptovalute (principalmente Bitcoin e Ether). La creazione, l’emissione ed il trasferimento di token avvengono per mezzo della tecnologia “distributed ledger” (DLT).

Il “ciclo di vita” di una ICO – nella forma più ricorrente riscontrata sul mercato – riproduce, con alcune spiccate peculiarità, le fasi del processo di finanziamento diretto di una realtà imprenditoriale di piccole dimensioni e (usualmente) in fase di lancio alla ricerca di investitori: creazione di un progetto “innovativo” da sviluppare e finanziare; redazione e pubblicazione (sul web) di un documento informativo non standardizzato relativo sia all’emittente sia al progetto nonché al coin/token (“white paper”); utilizzo della blockchain per le fasi di coinvolgimento degli investitori (su mercato primario e, ove previsto, secondario).

La mancanza di un quadro regolamentare specifico per tali operazioni (in particolare l’incertezza circa l’applicabilità, almeno per analogia, delle varie discipline in essere, quali ad esempio quelle delle securities, dell’offerta al pubblico e dei servizi di investimento) ha favorito una proliferazione massiccia delle ICO a livello mondiale che è andata di pari passo all’incremento del valore delle principali criptovalute. I profili di attenzione per le autorità di supervisione dei mercati finanziari sollevati dalle ICO sono molteplici, così come sono numerosi e differenti gli approcci finora seguiti per fornire una prima risposta “regolamentare” al fenomeno.

Opportunità

Il Bitcoin è una moneta virtuale che non risponde all’autorità di nessuna Banca centrale emittente, prescindendo dalle classiche regole monetarie e dalla necessità di avvalersi di intermediari finanziari. Sono queste caratteristiche che, secondo i sostenitori delle criptovalute, stanno alla base dei vantaggi e delle opportunità che si stanno sviluppando. In primo luogo, si ha la possibilità di effettuare pagamenti elettronici su scala globale in modo veloce, senza stanze di compensazione e, soprattutto, in maniera anonima. Secondo alcuni promuoverebbe l’inclusione finanziaria. Queste valute vengono spesso descritte come una vera e propria rivoluzione. In particolare, prospettive future interessanti potrebbero arrivare dalla blockchain, come si è visto la tecnologia necessaria per il funzionamento di una criptovaluta ma con cui non deve essere confusa. Tale principio potrebbe rappresentare, infatti, una vera svolta nell’ambito dei pagamenti digitali e non solo.

Rischi

La natura relativamente anonima delle valute digitali le ha rese molto attraenti anche per i criminali, che potrebbero utilizzarle per il riciclaggio di denaro sporco e le altre attività illegali. Secondo le ricostruzioni delle autorità di settore, le criptovalute possono comportare rischi notevoli anche con riguardo alle truffe. Pongono quindi numerosi interrogativi in termini di protezione dei consumatori/investitori. Ci si inizia a porre domande sul loro possibile ruolo e condizionamento nella gestione della politica monetaria delle banche centrali. Quanto ai rischi per la stabilità finanziaria, un proseguo dell’espansione nell’utilizzo delle criptovalute potrebbe determinarne l’insorgenza. L’assenza di un quadro giuridico preciso determina l’impossibilità di attuare un’efficace tutela legale e/o contrattuale degli interessi degli utenti, che possono, pertanto, trovarsi esposti a dover subire ingenti perdite economiche, ad esempio in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme on-line di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali (i cosiddetti e-wallets). In un contesto di assenza di obblighi informativi e di regole di trasparenza, le piattaforme di scambio sono altresì esposte a elevati rischi operativi e di sicurezza: esse, infatti, a differenza degli intermediari autorizzati, non sono tenute ad alcuna garanzia di qualità del servizio, né devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di controllo interno e gestione dei rischi, con conseguente elevata probabilità di frodi ed esposizione al cybercrime. Sussistono, inoltre, rischi di controparte, di mercato, di liquidità e di esecuzione.

 

Chi utilizza il Bitcoin (il bitcoiner)

Va detto innanzitutto che il principale utilizzo di Bitcoin non è come mezzo di pagamento, ma come riserva di valore; pertanto sarebbe limitativo concentrarsi su chi lo utilizza come valuta transazionale, è opportuno scoprire chi invece lo acquista come investimento, o come protezione dai rischi di inflazione. Da questo punto di vista bisogna distinguere tre tipologie distinte di utilizzatori: i privati cittadini, le aziende e gli istituti finanziari.

Alcune aziende hanno acquistato BTC in quantità durante il 2020 proprio come riserva di valore a protezione dai rischi inflattivi. Per ora non sono molte le aziende che hanno deciso di intraprendere questo percorso, ma quelle che dispongono di grandi riserve di dollari americani sono preoccupate per i rischi di svalutazione a causa dell’inflazione, in particolare nei prossimi mesi o anni. Tra queste, pertanto, c’è la prima tipologia di investitore in BTC.

Gli istituti finanziari spesso non sono dei veri e propri investitori ma hanno deciso di offrire servizi legati a Bitcoin. Guardando agli investitori privati bisogna distinguere tra i professionisti della finanza, o i grandi operatori istituzionali, ed i piccoli risparmiatori retail. Sui primi le informazioni sono scarse, ma è ipotizzabile che gli investimenti in BTC siano ormai piuttosto diffusi un po’ ovunque. Forse solo i più tradizionalisti non hanno ancora preso in considerazione l’ipotesi di investire in Bitcoin, ma i dati che riguardano ad esempio i volumi di scambio sui mercati tradizionali, come ad esempio il CME, suggeriscono che l’interesse potrebbe essere diffuso trasversalmente. Per quanto riguarda, invece, la componente retail si possono estrarre informazioni analizzando ad esempio i dati relativi alle ricerche online (Coin Dance). Da questi emerge chiaramente che l’interesse più diffuso tra i bitcoiner retail sia proprio quello relativo ai servizi finanziari ed agli investimenti. Questo non solo conferma l’ipotesi che il Bitcoin sia usato soprattutto come investimento, o asset speculativo, ma dato l’abisso che separa questo interesse dagli altri, è possibile affermare che il tipico bitcoiner retail sia fondamentalmente una persona interessata al mondo della finanza. Analizzando gli interessi prevalenti emerge come maggiore affinità quella con il mondo degli investimenti, ma in questo caso non c’è un abisso a dividere questa classe dalle altre. Dagli altri interessi emerge tuttavia un quadro troppo ampio per poter individuare altre caratteristiche del bitcoiner tipo, ma una in particolare risulta essere ricorrente: l’attenzione per la tecnologia. I soggetti sono per la stragrande maggioranza maschi e nel caso di una ripartizione per età il responso è abbastanza chiaro con una prevalenza dei Millennial (età compresa tra i 25 e i 34 anni). L’utilizzo del BTC crolla per le fasce di età superiori. Il bitcoiner medio, perciò, è un maschio under 45 appassionato di tecnologia ed interessato alla finanza.

 

 

 

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Principali criptovalute per capitalizzazione di mercato

Il Bitcoin ha conquistato la scena nel 2020 e continua a farlo nei primi mesi di quest’anno, ma è l’intero comparto criptovalutario ad aver cambiato il passo della diffusione. Le crypto, infatti, sono state fin qui premiate largamente dalla crescente fiducia degli investitori su una progressiva decentralizzazione del sistema monetario e a capitalizzare al meglio il favore del mercato è stato soprattutto il Bitcoin, nell’intorno dei mille miliardi di dollari di market cap. Dietro al BTC c’è molto altro. Più precisamente, una folta schiera di valute digitali, note come Altcoin. Di queste alcune sono emergenti, altre già largamente utilizzate per acquistare beni o servizi: di seguito si descrivono le caratteristiche di alcune di esse rilevanti in termini di capitalizzazione di mercato.

  • Ethereum. Subito alle spalle del Bitcoin troviamo Ethereum, valuta nativa dell’omonima piattaforma decentralizzata ideata dal programmatore russo Vitalik Buterin. Finora, il passo di Ethereum è stato persino più deciso rispetto a quello del BTC, sebbene la quotazione e la market cap siano sensibilmente inferiori. A favorire il rally della criptovaluta è stato, oltre ai fattori rialzisti comuni a tutte le valute virtuali, l’aggiornamento della piattaforma a cui è ancorata, ora nota come Ethereum 2.0 grazie al passaggio alla proof-of-stake, upgrade che consentirà di garantire maggiore sicurezza e velocità al network.
  • Binance Coin. La criptovaluta funge da metodo di pagamento per il trading su Binance Exchange. La piattaforma è oggi ai primi posti per volumi di scambi gestiti, ed è stata creata – così come l’asset – da Chanpeng Zhao.
  • Tether. È una delle prime stablecoin sul mercato, infatti, è ancorata al dollaro statunitense, in modo da contenere quella volatilità che causa – sin dagli esordi – brusche oscillazioni delle quotazioni delle crypto. È stata lanciata nel 2014 con l’intenzione di “facilitare l’utilizzo di valute fiat in modalità digitale”.
  • Cardano. Gestita da un’omonima piattaforma e creata nel 2015 da un pool di matematici, ingegneri ed esperti di crittografia. Dietro al progetto Cardano anche Charles Hoskison, uno dei cinque programmatori che hanno dato vita a Ethereum. Definita come “Ethereum killer”, per via della sua migliore blockchain.
  • Bitcoin Cash. Come spiega il sito web di riferimento è “denaro elettronico peer-to-peer per internet”. Si tratta di un fork del BTC, ovvero una moneta nata sui protocolli Bitcoin e slega completamente la propria operatività dalle banche centrali e dalla fiducia degli investitori istituzionali. È un derivato del Bitcoin, che secondo i fondatori segue più da vicino le linee guida dettate da Satoshi Nakamoto, la mente dietro il progetto BTC.

 

 

  • Stellar. Vicino al fondo Stellar, si tratta di una network blockchain che si occupa di garantire una connessione tra le istituzioni finanziarie per completare transazioni di alto volume. La criptovaluta è nota sul mercato con il nome Lumens.
  • Monero. Criptovaluta sicura, privata e non tracciabile. Lanciata nell’aprile del 2014, la valuta ha riscosso sin dagli inizi un grande interesse. Lo sviluppo dell’asset è garantito dalle donazioni della community e il focus è da sempre su decentralizzazione e scalabilità. Grazie all’anonimato migliaia di dissidenti politici hanno potuto aggirare negli anni la stretta dei regimi, ma – al tempo stesso – reti criminali hanno trovato terreno fertile per le loro transazioni illecite.

 

 

 

 

I futures sul Bitcoin sono affiancati da quelli su Hetereum

I futures sui Bitcoin sono contratti con i quali ci si impegna ad acquistare o a vendere, in futuro, una certa quantità del sottostante, a un prezzo già stabilito in anticipo dalle parti. Il Bitcoin esiste dal 2009 ed è diventato un considerevole strumento sul piano della capitalizzazione di mercato, paragonabile ad alcune delle maggiori società quotate sui mercati azionari statunitensi. La borsa dei futures CBOE ha lanciato il primo strumento sulla criptovaluta il 10 dicembre 2017 ed è stato considerato il primo passo nell’evoluzione del Bitcoin verso una maturazione della sua classe d’investimento, infatti, tale mercato offre agli investitori una maggiore liquidità, trasparenza e un efficiente sistema di rilevazione dei prezzi. CME Group ha seguito CBOE con il lancio dei derivati sul Bitcoin il 18 dicembre dello stesso anno. Entrambe le borse forniscono agli investitori una  piattaforma che consente sia di coprire l’esposizione esistente sia di operare allo scoperto, aprendo quindi la porta agli speculatori. I futures hanno dimostrato sin dal loro inizio di essere un potente strumento di mercato. Soprattutto perché offrono a chi li utilizza grande flessibilità e possibilità di tutelare i propri investimenti. Gli investitori spesso agiscono in chiave speculativa sul prezzo del Bitcoin in un mercato poco regolamento. Tutto questo consente grandi opportunità di leva che aiutano a moltiplicare i profitti, tuttavia, la stessa situazione può anche portare a enormi perdite. Bitcoin è una criptovaluta e quindi non è riconosciuto come titolo o moneta a corso legale in molti paesi, quindi c’è un certo vuoto legale a questo proposito. Poiché il Bitcoin è una valuta virtuale, le liquidazioni saranno basate sul denaro cash e in dollari USA e diversamente dai cripto – mercati, dove il trading è aperto 24/7, le borse dei futures non lo sono, hanno orari più regolari e limitati a 6 giorni a settimana.

Si riportano di seguito alcune differenze tra le due borse (CBOE e CME Group) su ciò che offrono a coloro che cercano di coprirsi da un’esposizione sul Bitcoin o per chi vuole speculare sui prezzi futuri:

  • Il prezzo del contratto future sui Bitcoin del CME Group si basa su un numero elevato di scambi, il CME CF Bitcoin Reference Rate (BRR) su base giornaliera. Al contrario, i prezzi dei futures di CBOE si basano su un prezzo di chiusura d’asta del Bitcoin su un singolo exchange di Bitcoin conosciuto come exchange Gemini.
  • Con le criptovalute che hanno subito una significativa volatilità, non sorprende che entrambe le borse abbiano requisiti di margine piuttosto elevati. La richiesta di margine per i futures sui Bitcoin del CME Group è pari al 35%, mentre su CBOE è del 40%. L’ammontare del requisito di margine è un riflesso della volatilità della classe di investimento. Per rendere l’idea, il margine per un contratto future S&P500 è solo del 5%.
  • Entrambe le borse implicano la liquidazione in contanti dei contratti futures alla data di scadenza.
  • Nella borsa dei futures CBOE, un contratto ha come sottostante 1 Bitcoin, mentre nella borsa di CME Group, un contratto equivale a 5 Bitcoin.
  • La compensazione sulla borsa del CME Group avviene tramite CME ClearPort, mentre, CBOE utilizza la Options Clearing Corporation.
  • Sono inoltre in vigore delle limitazioni in base alle quali le rispettive borse consentono di modificare i prezzi prima che si attivino delle sospensioni temporanee e permanenti. Sulla borsa CBOE, i contratti sono soggetti ad una sospensione di 2 minuti nel caso in cui la migliore offerta o il prezzo offerto, nel primo contratto in scadenza, si allontani del 10% rispetto alla chiusura del giorno precedente. In caso di ripresa degli scambi, se il prezzo del contratto andasse oltre il 20%, sia in positivo che in negativo, il trading verrebbe sospeso per 5 minuti. Nella borsa del CME Group, i contratti verranno sospesi secondo i seguenti limiti sul movimento dei prezzi: 7%, 13% e 20%. Nel caso in cui il prezzo del contratto raggiungesse il limite del 20%, non ci sarà alcun arresto nel trading ed esso continuerà semplicemente all’interno del limite del 20% per il resto della sessione.

Per coloro che vogliono entrare nel mercato dei futures sui Bitcoin, la prima e fondamentale domanda da porsi riguarda la motivazione: è speculativa o a protezione di attuali guadagni che si hanno con i Bitcoin da un qual si voglia evento negativo. La scelta dell’exchange può essere considerata arbitraria, ma sarebbe meglio optare per quello con il maggior numero di contratti derivati, anche se entrambi (CBOE e CME Group) possono essere considerati liquidi dal punto di vista dell’investitore.

Oltre alla garanzia, indicata anche come margine iniziale, gli investitori sono tenuti a soddisfare le chiamate Mark- to-Market (MtM) durante la durata del contratto. Il margine MtM è la differenza tra il costo della posizione detenuta e il valore corrente di mercato (CMV). In caso di perdita, l’exchange finanzierà eventuali cali di margine derivanti da una chiamata MtM dal conto di raccolta del margine dell’investitore. È anche possibile il contrario, laddove l’exchange accrediti dei fondi sul conto nel caso in cui l’investitore abbia depositato margini superiori all’importo richiesto. Nel caso in cui il conto del margine scenda al di sotto dei livelli accettabili, l’investitore sarà quindi tenuto a depositare nel conto per soddisfare i futuri requisiti MtM. Essendo quello dei futures un mercato a due facce, che coinvolge un acquirente e un venditore, il rischio di controparte per la liquidazione finale viene assorbito dalle rispettive camere di compensazione.

Non è disponibile solo il future sul Bitcoin, infatti, anche l’acerrimo rivale Ethereum è sbarcato a Wall Street con un proprio derivato. Il fenomeno non resta legato agli Stati Uniti ma anche in Europa sul listino tedesco

 

 

Xetra a giugno scorso è stato lanciato un ETC sul Bitcoin e poche settimane fa si è aggiunto quello su  Ethereum.

 

Il future sul Bitcoin: la correlazione con il Nasdaq e alcuni recenti market mover

Dopo i nuovi record storici, il Bitcoin è tornato a scendere. Le quotazioni al momento sono sotto la soglia psicologica dei 60 mila dollari, livello raggiunto per la prima volta a metà marzo, quando la valuta è arrivata a sfiorare i $62 mila. Soprattutto dall’ultimo quarter dello scorso anno, a trainare al rialzo i prezzi è stato l’ottimismo dei mercati legato alle vaccinazioni di massa e alle attese di una firma poi arrivata del piano di stimoli USA da 1.900 miliardi di dollari voluto dal presidente Joe Biden. Non solo. Molti osservatori considerano il recente ottimismo, frutto della crescente domanda da parte dei grandi investitori istituzionali e della domanda speculativa. Sono tuttavia numerosi i detrattori delle criptovalute. Tra questi, molti affermano che tutto il settore possa essere una delle più grandi bolle di mercato alimentata da stimoli economici, senza precedenti.

A tal proposito è altresì interessante notare come l’andamento del Bitcoin sia correlato a quello del listino tecnologico americano Nasdaq. Dopo il lungo rally iniziato nel secondo trimestre del 2020, a seguito dell’importante storno delle quotazioni in occasione dello scoppio della pandemia di Covid-19, sono più volte che nei primi tre mesi di quest’anno sono avvenuti bruschi sell-off. I timori degli investitori sono che, in particolare per i titoli hi tech, ci si trovi difronte a sopravvalutazioni rispetto ai fondamentali societari e che, in presenza di possibili rialzi dei tassi di riferimento, i corsi azionari rappresentati dai valori attuali dei dividendi futuri possano scendere nei prossimi mesi.

Nel corso del mese di marzo vi sono state molteplici news market mover che stanno condizionando anche in direzioni contrastanti le performance delle criptovalute. Se ne riportano alcune.

  • Elon Musk ha comunicato che è ora possibile acquistare una Tesla in Bitcoin. La casa automobilistica tratterrà i pagamenti nella criptovaluta e non saranno convertiti in moneta tradizionale. Lo scorso febbraio Tesla aveva comunicato di avere già investito 1.5 miliardi in BTC. Non vi sono solo aziende industriali tra i pionieri perché anche alcune banche quotate a Wall Street ora operano con le nuove digital asset. BlackRock si è aperta alla negoziazione dei futures, la più antica banca americana BNY Mellon ha sdoganato con i servizi di custodia e Morgan Stanley è la prima grande banca statunitense a offrire ai suoi clienti più facoltosi l’accesso ai fondi su Bitcoin (limite massimo del 2.5% del patrimonio).
  • Secondo il Presidente della Fed, il Bitcoin è un asset per la speculazione, quindi non si presta al momento ad essere utilizzabile come mezzo di pagamento al posto del dollaro, piuttosto, potrebbe essere un sostituto dell’oro. Insieme al direttore generale della BIS (Banca dei Regolamenti Internazionali), Augustin Carstens, e a Jens Weidmann, presidente di Deutsche Bundesbank, Powell ha preso in considerazione anche le stablecoin in relazione al trend attuale delle central bank digital currency (CBDC). A tal proposito, i banchieri senza dubbio ritengono che vi sarebbe un miglior utilizzo delle crypto asset nella misura in cui una stablecoin venisse garantita da valute sovrane di nazioni leader.

 

 

  • Nonostante l’India sembrerebbe stia mettendo a punto una legge che vieti gli investimenti in criptovalute, sono sempre più i paesi che hanno autorizzato l’utilizzo delle stesse. Notizia recente è stata quella secondo cui la Central Bank of Nigeria ha dovuto fare un passo indietro precisando che ha vietato al solo settore bancario le transazioni sulle crypto. Alcuni stati federali degli Stati Uniti permettono alle persone di usare Bitcoin come metodo di pagamento. Ci sono diverse città americane che sono hotspot di Bitcoin, tra cui San Francisco, che è sede di diverse piattaforme di trading di criptovalute. La maggior parte dei paesi dell’Unione Europea sta permettendo ai residenti di utilizzare i Bitcoin per pagare, tuttavia, ci sono eccezioni come la Germania che ne vietano il commercio. La Svizzera è la nazione più importante e pioniera che permette di usare i BTC per scopi fiscali e per il pagamento di alcuni servizi pubblici.

 

Le opinioni degli italiani sulle criptovalute

 Le criptovalute si confermano l’asset finanziario che carpisce più curiosità in questo primo scorcio di 2021. Il Bitcoin continua a macinare record e il suo valore si è spinto anche sopra quota 60.000 dollari. In generale ad attirare l’interesse degli investitori sono tutte le criptovalute, con Cardano risultato di recente protagonista dopo che Coinbase Pro, la divisione professionale di Coinbase Exchange, ha annunciato che inizierà a ricevere trasferimenti in entrata. A primeggiare tra le discussioni sul web degli italiani relative alle criptovalute non c’è quindi solo il Bitcoin, ma l’interesse risulta forte anche su cripto meno note quali Ethereum e Monero.

Questo è quanto emerso dall’ultima indagine che FinanzaOnline ha realizzato, in collaborazione con T-Voice, società che si occupa di opinion mining, sentiment analysis e topic discovery sfruttando algoritmi di artificial intelligence supervisionati con l’obiettivo di offrire una panoramica precisa di opinioni e sentimenti condivisi tramite web e social network.

Le analisi sono state condotte su più di 14.000 testi in lingua italiana riguardanti il tema “criptovalute” presenti nel web e sui principali social network per il periodo che va dal 15 Febbraio al 15 Marzo 2021. Tutti i risultati sono presentati al netto degli “off-topic”, ovvero senza considerare quei testi che non contengono il tema di interesse. Dall’analisi di T-Voice emerge che sulle criptovalute in generale, il 27% degli italiani esprime pareri positivi, in diminuzione rispetto al 43% rilevato un mese fa. Il 56% assume una posizione neutrale, mentre il restante 16% esprime opinioni negative.

Una misura del livello di preferenza tra le principali criptovalute mondiali è offerta dal Web Opinion Index, che varia da -100 a +100 (valori maggiori di zero indicano una opinione positiva, valori minori di zero indicano una opinione negativa). L’Ethereum primeggia con le opinioni positive che sovrastano quelle negative di 29.81 punti. Segue il Ripple con 22.38 e poi il Bitcoin con 12.66 (un mese prima primeggiava con uno scarto positivo superiore a 33). Due crypto presentano un valore negativo, ossia il Monero con -8.06 e il Dogecoin con -0.7.

 

 

 

 

Conclusioni

Per concludere è senza dubbio possibile affermare che il fenomeno delle criptocurrency sta progressivamente prendendo piede e carpendo l’attenzione non solo dei potenziali utenti ma anche delle autorità di vigilanza del sistema bancario e finanziario. Guardata come fase primordiale di un più ampio processo di sperimentazione tecnologica, le criptovalute e, più in generale, la distributed ledger technology potrebbero utilmente porre le basi per dar vita a soluzioni capaci di rendere più efficiente o, secondo i più ottimisti, di trasformare radicalmente l’attuale sistema economico. Lo sviluppo di risposte regolatorie efficaci in merito alle criptovalute è ancora in una fase iniziale: si tratta di un ambito difficile da disciplinare, rientrando nella competenza di differenti soggetti pubblici a livello  nazionale e operando, al contempo, su scala globale. Molti sistemi di scambio sono del tutto opachi e operano al di fuori del sistema finanziario convenzionale, ciò che rende difficile monitorarne l’operatività. I regolatori hanno iniziato

 

ad affrontare tali sfide e le risposte fornite al fenomeno sono state molteplici, con una varietà di approcci tra i differenti Paesi. Taluni hanno valutato la possibilità di includere le valute virtuali nel novero di fattispecie già appropriatamente regolate, altri hanno diramato apposite avvertenze ai consumatori o hanno assoggettato a un regime autorizzatorio lo svolgimento di talune delle attività proprie del sistema, altri ancora hanno proibito alle istituzioni finanziarie di negoziare valute virtuali o ne hanno addirittura vietato l’uso, perseguendo penalmente i trasgressori. Si tratta di risposte di policy ancora embrionali rispetto alle sfide poste dalle valute virtuali ed è altamente probabile che, nel prossimo futuro, interverranno ulteriori sviluppi. Sembra, al riguardo, auspicabile che le autorità calibrino i contenuti delle future regolazioni in modo da affrontare adeguatamente i rischi, senza, tuttavia, soffocare oltremodo l’innovazione. A mano a mano che si acquisirà una certa esperienza in ordine al loro funzionamento, la diffusione di standard internazionali e best practice potrà fornire utili indicazioni sulle misure regolatorie più appropriate da implementare nei diversi campi, promuovendo l’armonizzazione e prevenendo il rischio di strategie di arbitraggio. Tali standard potrebbero comprendere accordi di cooperazione internazionale in settori quali lo scambio di informazioni e lo svolgimento di indagini nel perseguimento dei reati transfrontalieri. A proposito di quanto esposto finora si fa presente che la Banca Centrale Europea potrebbe decidere intorno alla metà dell’anno se procedere con un “Euro digitale”, ma il lancio formale della valuta potrebbe avvenire tra circa cinque anni. Se il processo riceverà il via libera ci sarà una fase d’indagine di due anni e una d’implementazione di circa un triennio. Il presidente della BCE Christine Lagarde ha detto il mese scorso di augurarsi di poter vedere la moneta unica digitale tra quattro anni.

 

 

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Consulente Finanziario

Dott. Enrico Nicola Calvanese Consulente Finanziario Iscritto all’Albo dei Consulenti Finanziari con Iscrizione Numero  7754 del 16/02/1994.